Omega-3 e malattie cardiovascolari

Omega-3 e malattie cardiovascolari

Dr. Ulrich Frohberger ha riportato in uno dei suoi articoli l’effetto positivo che hanno gli acidi grassi omega-3 sul sistema cardiovascolare ed ha approfondito i requisiti di una terapia di successo.

Acidi grassi omega-3 e malattie cardiovascolari

È provato che gli acidi grassi omega-3 (EPA e DHA), le cui fonti principali sono quelle marine (come pesci di acqua gelida e alghe), apportino dei benefici al nostro cuore..ma solo se assunti correttamente!

Studio scientifico: Framingham Hearth Study – Boston

Un recente studio scientifico (Framingham Hearth Study) condotto a Boston (1) dimostra come gli individui con un alto indice di omega-3 siano meno esposti ad un rischio di morte per malattie cardiovascolari. Ma cosa s’intende con indice di omega-3? L’indice di omega-3 (HS-Omega-3 Index®) indica la quantità di EPA e DHA sul totale degli acidi grassi presenti nelle membrane dei globuli rossi.

Questo studio, che ha coinvolto in totale 2.500 partecipanti ed ha avuto una durata di 7,3 anni, ha dimostrato come quei soggetti con un indice omega-3 superiore al 6,8% siano esposti il 39% in meno al rischio di morte per malattie cardiovascolari rispetto a quelli con un indice di omega-3 basso, ovvero inferiore al 4,2%.

I dati rilevati mostrano come un elevato indice di omega-3 nel corpo favorisca:

  • La riduzione della frequenza cardiaca (3)
  • L’aumento della variabilità della frequenza cardiaca (4)
  • La riduzione della pressione sanguigna (5, 6)
  • Il miglioramento della funzione piastrinica (7)
  • L’effetto antinfiammatorio (8, 9, 10)
  • La riduzione dei trigliceridi (11, 12, 13)
  • La riduzione del colesterolo cattivo (14)

Secondo Omegametrix (un laboratorio di fama internazionale per la misurazione dell’indice di omega-3) l’indice omega-3 di un individuo dovrebbe oscillare tra 8 e 11%.

In quali casi funzionano gli omega-3?

Sebbene l’evidenza degli effetti positivi degli acidi grassi omega-3 sul nostro cuore sia confermata da diversi studi, c’è ancora chi è convinto del contrario (15), ma il problema sta spesso nel dosaggio sbagliato di questo acidi grassi essenziali.

Gli studi che negano gli effetti positivi degli omega-3 sulla salute cardiovascolare, propongono un dosaggio giornaliero di 1 g al giorno o addirittura meno, che è troppo poco. Per innalzare un indice di omega-3 basso è necessario assumere almeno 2 g di omega-3 EPA e DHA al giorno. Con 2 g o più di omega-3 al giorno si assiste ad una significante riduzione del rischio di mortalità nei pazienti affetti da scompenso cardiaco o altri disturbi coronarici.

Inoltre, se si sceglie di intraprendere una terapia di omega-3 per porre rimedio ad un disturbo, sarebbe sempre opportuno prima misurare non solo l’indice di omega-3, ma anche il rapporto tra i due acidi grassi essenziali omega-6/-3, per poi sapersi regolare nel miglior modo possibile con il dosaggio ed ottenere dei benefici.

La scienza riporta che:

  • 7 pazienti su 10 hanno un deficit di omega-3
  • Per aumentare l’indice di omega-3 è necessario assumere dai 2 ai 4 g di acidi grassi EPA e DHA al giorno per almeno 4 mesi
  • La dose di mantenimento poi normalmente è di almeno 2 g di omega-3, può essere meno solo nel caso in cui si stesse seguendo una dieta sana, variata ed equilibrata.

Biodisponibilità

Affinché i grassi vengano digeriti sono necessari altri grassi. Che significa? Ci sono studi che dimostrano che gli acidi grassi omega-3 vengono assorbiti molto meglio se assunti ai pasti e possibilmente in combinazione ad alimenti grassi (16).

Infarto e omega-3

L’infarto è ancora una delle cause di morte più frequenti nei paesi industrializzati. Un basso indice di omega-3 è associato ad una maggiore esposizione al rischio di morte cardiaca improvvisa (Aarsetøy et al, 2011). Un indice omega-3 elevato riduce questo rischio del 90%! (21)

Gli omega-3 sono stati promossi dalle linee guida della cardiologia come ottima opzione terapeutica per quei pazienti che soffrono di aritmie cardiache (20).

Fibrillazione atriale e omega-3

La fibrillazione atriale è la forma più comune di aritmia cardiaca. Non è mortale, ma senza una terapia adeguata c’è il rischio di gravi conseguenze sulla nostra salute.

Un buon apporto di omega-3 riduce il rischio di fibrillazione atriale del 34% (17). Un ulteriore studio dimostra come l’assunzione di almeno 2 g di EPA e DHA al giorno riduca il rischio di alterazione al regolare il battito cardiaco (18).

L’allergia è una reazione di difesa eccessiva e patologica del sistema immunitario a determinate sostanze solitamente innocue.

Se le membrane mucose del nostro naso, dei polmoni o dell’intestino hanno delle “perdite” (leaky gut), queste sostanze (es. polline delle graminacee, peli di animali, ma anche conservanti o aromi contenuti nel cibo) entrano direttamente nel sangue o nel sistema linfatico e attivano il nostro sistema immunitario. La pelle è soggetta a prurito, il naso comincia a colare, gli occhi lacrimano e le vie respiratorie possono ostruirsi. In parole semplici, dopo una sensibilizzazione iniziale si formano gli anticorpi (IgE) sulla superficie dei mastociti (cellule immunitarie). Se entriamo di nuovo in contatto con l’allergene, quest’ultimo si lega direttamente agli anticorpi IgE, i mastociti si attivano e rilasciano immediatamente sostanze messaggere come l’istamina, che causano l’infiammazione.

Conclusione

Riassumendo, si può affermare che gli acidi grassi omega-3 abbiano un effetto positivo sul nostro sistema cardiovascolare. È però fondamentale prestare attenzione al dosaggio, che deve essere almeno di 2 g di EPA e DHA al giorno. Solo in questo modo, gli omega-3 possono apportare dei benefici concreti alla nostra salute.

Fonti:
(1) Harris et al, Clin Lipidol. 2018 ;12(3): 718–727
(2) Harris WS, Tintle NL, Etherton MR, Vasan RS, J Clin Lipidol. 2018 May – Jun;12(3):718-727
(3) Harris et al Am J Cardiol 2006;98:1393-5
(4) Carney et al Psychosom Med 2010;72:748
(5) Dewell et al J Nutr Res 2011;141:2166;
(6) Skulas-Ray et al Ann Behav Med 2012;44:301
(7) Harris et al, Lipids 2008;43:805
(8) Duda et al Cardiovasc Res 2009;81:319
(9) Dewell et al J Nutrition 2011;141:2166
(10) Blocket al World J Cardiovasc Dis2012;2:14
(11) Skulas-Ray Am J Clin Nutr 2011;93:243
(12) Schuchardt et al PLEFA 2011;85:381
(13) Shearer et al J Lipid Res. 2012;53:2429
(14) Maki et al J Clin Lipidol 2011;5:483
(15) Theingi Aung, MBBS, FRCP1,2,3; Jim Halsey, BSc1,2; Daan Kromhout, PhD4; et al, JAMA Cardiol. 2018;3(3):225-234
(16) Davidson et al J Clin Lipidol. 2012;6:573-84
(17) He Z, Yang L, Tian J, Yang K, Wu J, Yao Y: Can J Cardiol. 2013 Feb;29(2):196-203. doi: 10.1016/j.cjca.2012.03.019. Epub 2012 Jun 7.
(18) Nodari S, Triggiani M, Campia U, Manerba A, Milesi G, Cesana BM, Gheorghiade M, Dei Cas L. 2011 Sep 6;124(10):1100-6. doi:
(19) The Lancet 2008; 372: 1223-1230
(20) Level of Evidence B, Empfehlungsgrad IIb, Zibes et al 2006
(21) Harris, Pharmacological Research 55 (2007) 217–223